lunedì 16 aprile 2012

ci sono...

Ci sono mattine che non sono mattine.
Sono code luminose della notte appena trascorsa.
Sono comete notturne salvate dal buio, mascherate di sole.
Sono mattine che pretendono attenzione.
Che non lasciano spazio al daffare.
Stanno lì, appese alle finestre, come risposte.
E chiamano disperate, cercando di non morire,
di non lasciar posto al pomeriggio che viene.
Mattine esplose oltre il vetro.
Promesse di un giorno nuovo, figlio di una notte assoluta.
Che non puoi nemmeno immaginare quanto fosse morbida e vera.
Una notte attesa come una preghiera.
Esaudita.

E ci sono uomini, in queste mattine, che si svegliano altrove
e altrove decidono la vita.
E stanno di fronte alle scelte come soldati disarmati,
pronti a fare il passo, a saltare trincee,
a farsi immolare per un sogno.
Uomini forti e pieni di grazia infinita
spalle larghe e visioni aperte,
uomini-paesaggio, difficili da contenere in un'inquadratura.
Uomini amati alla follia, protetti e onorati
come solo l'amore può fare.
Uomini-roccia, solidi e buoni,
rapiti da un'idea che li porta via.

E ci sono donne che li hanno aspettati
perché l'amore è una danza di attese risolte,
donne-arcobaleno, esplose in colore nel cielo di pioggia
e vinte da un nuovo temporale.
Donne-aquilone tenute da un filo che sembrava forte
e volate via di colpo per un tradimento di vento.
Donne che accolgono la scelta
e sanno celebrarla con un pianto rituale
che nutre e consola.



Mattine così sono rare a vedersi.

c'è...

C'è un "no" vestito di silenzio che gli urla nelle orecchie.
Arrivato di sbieco, quasi subdolo.
Come le folate di vento, quando leggi sul terrazzo e ad un tratto i fogli che avevi appena appoggiato volano via, che a rincorrerli poi sembra uno zig-zag tra gli equilibri.
Quel "no" ha un sapore: sa di tutto il tempo in cui lui s'è impegnato perché invece fosse un "sì". Un tempo lungo. Lo so perché lo misuravo io. Le volte che ascoltavo le speranze ed i 'quanto sarebbe bello se'. Le volte delle attese, delle piccole conquiste, dello schianto di stupore se accadeva una gioia inattesa. Che si traduceva nella parola buona, nell'attenzione mostrata senza vergogna, nello sguardo captato tra mille. Questo tempo io l'ho misurato tutto. E tutto si è tradotto e concentrato in quell'unica domanda che ora ha ricevuto la risposta. E sa d'amaro.
E' un gusto quasi aspro, e la bocca si stringe più che può per non sentirlo. Un gusto che somiglia a quando ingoi un moscerino in bicicletta: insieme a sangue ed ali, mastichi polvere, campi e sole. Come dire: quell'insettucolo portava in sé l'essenza del mondo.
E così è per quel "no". E' un "no" d'affetto. Quindi uno dei peggiori. Perché contiene tutte le aspettative che avevano creato la domanda di cui ora è risposta. Negativa.
E finché sei al punto di domanda, va tutto bene. Finché se lì che chiedi a quell'interrogativo dondolante, hai tutto il tempo del mondo. La domanda è potenza perché smuove le acque, vortica il certo, sbilancia il saputo. Spinge via in un'eccitazione che sconvolge. E' avanzamento. Il bello, nelle domande, può ancora accadere.
A lui piaceva questo star lì sospeso nell'ignoto, nel non sapere, dopo che chiese.
Poi c'è stato quel fragore di silenzio.
Lui sa bene che il silenzio spesso è solo assenza di suono e pensiero: indifferenza senza accezioni d'odio, dimenticanza o rifiuto. Indifferenza. Un po' come quando io dico "se taccio qui è perché parlo altrove". Mica per stizza.
Lui questo lo sa. Ma sa anche distinguere quando invece il silenzio ha nome e cognome, seppur brevi e di due lettere: "no".
E stavolta è così.
E' uno di quei "no" che non illumina il display del cellulare.
Che non suona il campanello.
E non strizza l'occhio complice in una sala piena di persone.
Un "no" spezza-gambe e falcia-poi. Un "no" deserto arido d'afa a mezzogiorno quando non puoi sudare,
perché devi incontrarti tra un istante col lavoro e non sta bene farlo a chiazze di leopardo.


Dai, succede a tutti. Gli dicono così.
Ecco, allora beccatevelo voi, pensa lui. Fatemi il favore, alleggeritemi di questo "no". Questo pensa.
Non lo dice per educazione.
Mal comune, mezzo gaudio. Gli dicono anche questo.
Eh no. Mal comune, sfiga multipla. Quindi, per favore, non investitelo di "Sai, è successo anche a me". Perché non vi è successo, non mentitegli, non è mai uguale. Ci somiglia, ma quella lieve differenza pesa sempre come un universo. Allora tacete e lasciatelo lì, a gambe incrociate per cercare di stritolare almeno un po' quel suo fardello di rottura.
E così fanno. Lo lasciano lì, in un alone di miseria umana che è quel "no".
Soffocato tra due lettere che sono una condanna già nell'alfabeto. Unite. Appiccicate. Fedeli.
"N", "O".
Ci sarà pure un perché se le hanno messe in ordine così. Dovevano incontrarsi per forza.
Per il "sì" è più difficile. Le due lettere sono distanti e fanno fatica a trovarsi.
Stai a vedere che la colpa del dolore del mondo è proprio l'alfabeto.


Io non so che dirgli. Provo a parlare più forte di quel "no" che ancora gli urla nelle orecchie. Adotto la tattica del mondo: più fai casino e rumore, meno senti le parole che bucano dentro.


-Che hai?
-Il punto è chi non ho.
-Ma non si possiede mai nessuno.
-E' quando posseggono te e non ti fanno ricambiare che fa male.

martedì 31 gennaio 2012

A chi nasce domani...

Un tempo ricordo parole per la nostra Barbara e la sua avventura di madre.
Fu per suo figlio che lasciai parole dal cuore...
Le augurai
onde come branchi di cavalli bianchi
cieli come tappeti di velluto e batuffoli di nubi
mani come conche di pietra sicure
gambe come salti che oltre c'è sempre bellezza
vita come pupazzo morbido da vestire nel modo che più ti piace
madre che sembri una collina verde
fratello che sappia rotolarci ridendo
perché tu possieda la valle e la montagna, l'altezza e la pianura

ed ogni tanto lo penso e lo vedo in foto, quelle foto che Barbara mi regala. E vedo guance che da tonde si affinano, vedo occhi sempre più pieni di cose, capaci di scegliere già qualche direzione. Penso a lui come penso ai figli del mondo. Nuovi addendi di un calcolo strabiliante.

Oggi nuove parole.
Dedicate a qualcun altro qui che sta per vivere lo stesso mirabilante percorso.
Scritte qui perché sono parole da MKML, parole che esistono per chi qui può leggerle e sta per diventare genitore nel mese delle vendemmie, delle pioggie nel sole, dei ritorni. Un augurio di cuore e d'affetto. Di fratellanze che non ho dimenticato perché non si dimenticano.

Suoneranno le cose
di note che corda e mano ancora non sanno.
L'istante completo del rito di un pianto che non è dolore.
O forse è la gioia più vera che somiglia al dolore quando inizia e noi semplicemente lo scordiamo.
A ricordarcelo ecco un figlio che nasce. Che sia tuo è un dettaglio anagrafico, un tuo merito di tramite. E' nostro nel senso di mondo, di abbraccio collettivo, di vita che vuole e continua la corsa. Quindi grazie perché non è vero che se tutto intorno va male allora bisogna fermarsi. Non è vero che due gambe in più sono inutili o troppe su queste strade. Non ci sono mai troppe gambe di bambini. C'è solo poco amore per guidarle tutte. E troppe strade ancora tenute chiuse e mai finite. Ma è solo colpa nostra e del senso di castrato cui ci condanniamo. Dell'idea che tanto è inutile.
Invece no.
Non è inutile niente quando crei.
Grazie dunque per esserti sottratto a quella condanna di timore, per aver creduto alla scommessa più irrazionale che esista, l'unica senza rischi calcolati e reti di protezione. Il calcolo sbagliato per eccellenza col risultato più universalmente vero.
Tuo figlio. Figlio del suono che avevi in testa da tempo. Figlio che vibra in consonanza con la parte più vera di te. Armonia nata da due che diventano tre. Tre che in tre sono più uno di uno. Magie di matematiche d'amore che la paura dimentica presto e la vita gli spara in faccia appena può.
Suonala sempre, questa nascita. Suonala quando tutto attorno è troppo silenzioso. Suonala contro paure ed involuzioni. Suonala senza esibizionismo e nell'unico posto possibile: il palco del tuo cuore.
Tutto nuovo e diverso, ora. Completo. Traboccato e vero. Nulla di quel che prima c'era che potrà più bastare. Sarebbe poco. Un poco da nulla.
Ora esplosioni. Incoerenze. Estremi.
Ora gli stessi cavalli bianchi che corrono per il figlio di Barbara e per tutti i bambini che so e che non so.
Medesimi cieli come tappeti di velluto e batuffoli di nubi
mani come conche di pietra sicure
gambe come salti che oltre c'è sempre bellezza
vita come pupazzo morbido da vestire nel modo che più le piacerà.
Ora madre che sembri una collina verde
e fratello che sappia rotolarci ridendo,
madre che era uno spartito
e fratello che lo suonò
e orecchie a sentire, le nostre.
Che tuo figlio possieda la valle e la montagna, l'altezza e la pianura.
Ci sono parole che non so dire. Non hanno voce tanta è la corda che toccano. Allora le scrivo. Come sempre. Perché sporcare il bianco di nero è ancora il mio modo, il vestito che mi cade meglio addosso.

Auguri.

mercoledì 4 gennaio 2012

Auguri per il nuovo anno ...

La più grande prigione è dentro di te, così diceva Jim Morrison e chissà quanti altri hanno sentito propria questa frase.
Dentro di te, dentro di me..: un mondo! Infiniti attimi che variano e mettono in subbuglio, all'istante e per l'eterno quel fragile mondo.
Perchè, la prigione è dentro me? In fondo, siamo tutti un pò bigotti con noi stessi, perbenisti e puritani..ammettere a noi stessi l'essere che nutriamo non è cosa semplice. Perchè vibriamo d'altro in continuazione, nessuno s'acquieta..del resto l'acqua quieta s'impantana e puzza. E tanti, puzzano perchè fingono d'acquietarsi...e forse un pò, un pò lo fanno, ma poi sgozzano la moglie. Anche questa è una prigione, no?
Allora l'anarchia, intesa come libertà profonda e individuale fornirebbe conforto a molte testoline! Se solo imparassero tutti un pò, a spirare di vento e sbriciolare il mare scegliendo i sassolini bianchi...se fossimo solo un pò più selvatici come il finocchietto ai bordi di una statale secondaria, un pò più verdi, un pò piumati, palmati, sfilati..animali semplici ma così stupiti dei tormenti umani che forse, forse rideremmo un pò, e ancora un pò.
La vita è una prigione meravigliosa al di sopra di qualsiasi immaginazione umana, è al di sopra..della nostra testa, quindi fuori dalla sua sfera. Per favore non proviamo a capirla o a giudicarla, proviamo semplicemente a viverla come un fiore che cresce, sboccia, profuma, appassisce e muore. Tanto non siamo niente di più che un fiore, agli occhi della terra. 
E allora non diciamoci buon anno, che tanto ogni anno è buono per qualcosa e in ogni anno c'è sempre qualcosa di spiacevole...diciamoci: spero di ritrovarti nella mia vita il prossimo anno, nei sorrisi che mi regalerai quando ci rincontreremo. Spero che il nuovo anno ci veda in buona salute e che l'amore sia sempre la prigione dei nostri cuori. Spero che le bollicine ingerite oggi non svuotino il bicchiere di domani, spero che l'amicizia sia sempre sincera e che i miei amori siano sempre, sempre, sempre migliori di me. State attenti alla testa...che prima gira e poi ci confonde.
Con amore, il mio che è più grande di due me insieme e che non trattengo perchè resto bimba nei sorrisi, col mio amore a voi auguro buoni giorni, a chi c'è e a chi ci sarà... affettuosi auguri, Barbara

giovedì 24 novembre 2011

shadows

And again, again this dream that after so many years apart two hearts beat in unison, having forgotten the torments endured. Still the same color of beloved eyes, still the same dear smile... but suddenly the daylight goes out and everything grows so unsteady and you're not there...and I rush to the chapel at the edge of the park, the moon shines brightly in the sky, weeping by the crypt, I cry out, and knock on the iron door, having run up the low stairs... and on the wall, before me, bound by a common fate, I see two interlaced shadows.

lunedì 14 novembre 2011

Così, a poco a poco

Non c'è amore che non riconosca l'inevitabilità di certi abbandoni.
Continuamente le nostre promesse di dedizione, i vincoli di parentela e di
fedeltà che illudiamo, vengono smentiti dal bisogno che ciascuno ha di
tornare a vivere per conto suo.
Tutto è relativo e compatibile.
L'uomo, più tardi, conoscerà l'amara consolazione di quelli che, per il
fatto di volergli bene, crederanno di dover esercitare sulla sua vita una
sopraintendenza gratuita.

... Accorgersi che quel che ci ha tanto preoccupati non era che un fatto fin
troppo naturale. Sprecare tanta meraviglia per arrivare a riconoscere che
non c'è niente di straordinario in una cosa che accade...
L'animale ferito è una preda difficile da riavere. Così, a poco a poco, ho
finito anch'io per sentirmi nel mondo un essere malizioso sempre in pericolo
e in sospensione. I miei gusti sono inquieti. Il mio modo di vedere e di
partecipare è supremamente evasivo. Tutti i miei istinti più forti, i miei
esperimenti più sani non sono che delle fughe verso altre arie e scorci di
prospettive...

Mi piace la simpatia che arrossisce di per sé e scappa borbottando. Gradisco
le attenzioni presupposte e dimenticate...
...Perché io ho ecceduto nella carne fino all'ironia. Ho bevuto come se non
mi dovessi più risvegliare. Perché io so cosa vuol dire far esperienza d'una
tentazione e liberarsi dal male a prezzo di tante cadute...

sabato 12 novembre 2011

...

Viaggia insieme a me, io ti guiderò. E tutto ciò che so te lo insegnerò, finché arriverà il giorno in cui tu riuscirai a fare a meno di me. Io ti porterò dove non sei stato mai e ti mostrerò le meraviglie del mondo. E quando arriverà il momento in cui andrai tu, tu guiderai, tu lo insegnerai ad un altro, un altro come te. ♥