sabato 12 novembre 2011

La parola ...

La parola. Quella. Quando arriva, ucciso il silenzio e sconfitta l'esitazione.

Resti lì, immobile, nell'eco della tua voce che risuona, diffusa come nel più ampio degli spazi... e sei soltanto in una stanza, nemmeno la più grande.

Le tue labbra come spade di vittoria, calde, umide in tremore, l'hanno detta, impressa sulle cose, scatenata attorno all'improvviso. Le tue labbra prima incarcerate, serrate a orgoglio nel dolore, le tue labbra prima socchiuse e dopo aperte e poi vibranti e infine accese in voce.

Terribile, densa, liberata.

Parola che risuona pur detta una sola volta, riflessa dalla porta, dai muri, moltiplicata dai vetri alle finestre, respinta da cornici e vasi, rimbalzata dai divani. Parola in una stanza che a un tratto si riempie di attonito stupore, di un consueto che si smembra e cade lacerato.

Sa di te, quella parola, del tempo che ha covato nei meandri. La più vera che potevi, implosa a lungo, ogni volta che provavi a rintracciarla, ben nascosta, nel perbene quotidiano. Parola che rivela, che squarcia ciò che c'era, parola come un pugno quando serve.

Attonita espressione a te di fronte.

E un godimento lieve che risale, stordimento e onnipotenza insieme, mentre ancora ti risenti pronunciarla e non ci credi, non ci credi che l'hai detta.

E gli occhi, anche gli occhi ora sanno osare e guardare e penetrare quel silenzio. Gli occhi dentro la voce per amplificarla, occhi in soccorso delle labbra, vividi e scuri come di cieli lontani che osservi di notte senza capire cosa c'è oltre quel buio.

Ora hai uno sguardo e la parola.

Ora hai quello che serviva.

Nulla, adesso, come prima.





Si chiama Fine.

E ci vuole un gran coraggio per dirla. Anzi no. Ci vuole solo un tempo che è finito, un posto che più non ti contiene e un nome che non sai pronunciare con l'amore che sentivi.

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